People - September 16, 2020

Buying My Self Back: Il Saggio Di Emily Ratajkowski Sullo Sfruttamento Illecito Della Sua Immagine 

Riconoscere la propria immagine solo se vista attraverso l’obiettivo di un paparazzo è una conclusione, forse triste per certi versi, che coinvolge tutte coloro che proprio su quella immagine ci hanno costruito una professione, ma quali sono i confini di tutto questo? A rispondere è Emily Ratajkowski attraverso Buying My Self Back, un saggio pubblicato ieri sul New York Magazine che affronta l’intricato argomento della tutela dell’immagine. 

“Dal 2013, quando sono apparsa in un video musicale virale, i paparazzi si sono appostati fuori dalla mia porta di casa. Mi sono abituata a uomini di grandi dimensioni che appaiono all’improvviso tra le auto o che saltano fuori da dietro gli angoli […] Mi sono abituata più a vedermi attraverso gli obiettivi dei paparazzi che a guardarmi allo specchio. E ho imparato che la mia immagine, il mio riflesso, non è la mia.”

Iniziò tutto quasi 10 anni fa, racconta Emily, dopo l’indimenticato video di Blurred Lines in cui la Ratajkowski fece la sua prima apparizione da protagonista. All’epoca Emily aveva iniziato da un paio di anni a lavorare come modella, con il solo obiettivo di mettere da parte più soldi che potesse per tornare a lavorare nel settore dell’arte, percorso che aveva lasciato sui banchi della UCLA di Los Angeles. È strano come un mestiere iniziato con tutta la facilità che ha una giovane donna all’inizio della sua vita adulta, possa poi diventare un intreccio infinito di cambiamenti che potenzialmente la allontanerà per sempre dal suo sé più intimo e vero. 

Emily Ratajkowski racconta senza troppe censure quello che ne è stato della sua immagine per tutti questi anni, quello che è stato di quell’immagine che tutti siamo abituati a postare sui nostri canali social senza pensarci su troppo. I canali social, ecco sì loro forse sono proprio il punto di partenza di questo racconto. Nel saggio Emily racconta di aver capito di non essere più, è vero sembra un paradosso, la proprietaria della sua immagine. Postando la foto che le aveva fatto per strada un paparazzo, poco tempo fa, Emily racconta di essersi trovata a dover andare in causa con il fotografo stesso per averla pubblicata nelle sue IG stories senza diritti. Senza diritti ebbene sì, per quanto la foto sia stata scattata ad Emily stessa, il fotografo è l’unico a potervi esercitare un diritto di proprietà, anche se parlare di sé stessi come proprietà di qualcun altro pare quasi surreale e per certi versi spaventoso. Ma questo è forse solo l’ultimo degli episodi che hanno coinvolto la vita di una Emily fino a qualche anno fa ancora (giustamente) troppo ingenua per comprendere quanto effettivamente la sua immagine stesse diventando una moneta di scambio. 

Qualche anno fa un famoso artista, Richard Prince, aveva inaugurato una mostra intitolata “Instagram Paintings”. La mostra esponeva di fatto delle opere d’arte realizzate a partire dallo screenshot fatto al post Instagram di una celebrity, sul quale poi l’artista apponeva il suo personale commento. Alla notizia di una foto di Emily in quella esposizione, la modella decise di recarsi alla galleria e in un mix di sentimenti che passavano dall’onore alla possessività, scelse di acquistare il quadro che la ritraeva. Emily Ratajkowski pagò a poco più di 20 anni, 80mila dollari per acquistare una foto che aveva già nel suo rullino immagini solo per far sì che non fosse appesa nelle case di nessun altro. Pensate che Prince le avesse chiesto il diritto di fare un opera con un suo post Instagram? Assolutamente no. Il motivo che la spinse a tale decisione, spiega, fu il terrore di non ricadere nel dramma che coinvolse la sua vita privata una manciata di anni prima, quando un suo ex fidanzato mise online degli scatti intimi di Emily che lei aveva affidato “a chi pensavo mi amasse”. Quel momento fu talmente duro per la Ratajkowski da spingerla a voler cercare con ogni mezzo di controllare lo sfruttamento della sua immagine, senza però mai riuscirvi davvero. 

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Emily racconta anche di aver vissuto quella che forse è l’esperienza più assurda raccontata in questo saggio. Racconta di uno shooting con il famoso fotografo Jonathan Leder avvenuto nel 2012 nelle Catskills. L’agente di Emily le aveva trovato il lavoro e le disse semplicemente di dover andare a casa di Jonathan per un servizio da vendere poi ad una rivista. La Ratajkowski racconta di essersi trovata in una casa in compagnia del fotografo e della truccatrice, di essere stata preparata a dover per le foto e di aver avuto in quella circostanza una gran voglia di dimostrare la sua bravura da modella. Improvvisamente scoprì che lo shooting sarebbe stato fatto in lingerie in un primo momento, e poi completamente nuda ma dice

“Non ero preoccupata, avevo fatto decine di shooting in lingerie prima di allora […] Ero stata fotografa nuda decine di volte prima di allora, sempre da uomini. Molti fotografi e agenti mi avevano detto che il mio corpo era ciò che mi distingueva da tante mie colleghe. Il mio corpo era come un super potere. Ero sicura di me quand’ero nuda, coraggiosa e orgogliosa.” 

Le circostanze vissute da Emily durante quello shooting, meritano di essere lette direttamente dalla sua voce nel saggio che ha scritto, quello che però va saputo è che tutte le polaroid non destinate alla rivista e che ritraevano la modella senza veli, divennero senza il suo consenso il soggetto di ben 3 libri editi dal fotografo stesso e per le quali, nonostante i ripetuti tentavi degli avvocati della Ratajkowski lei non potè esercitare alcun diritto. 

All’uscita del primo dei tre libri, Emily Ratajkowski fece una campagna su Twitter in cui denunciava l’accaduto e spiegava ai suoi followers quanto si fosse sentita violata e privata della sua identità più intima. Le risposte da parte del pubblico furono “banalmente sorprendenti”. Le donne la accusavano di essersela cercata per aver posato nuda e come, purtroppo, spesso accade la colpa non venne mai dato a chi ha violato la norma, ma ad Emily stessa. Una modella, una celebrity o una ragazza comune come potrebbe essere chiunque di noi, è libera di pubblicare e regalare l’immagine che preferisce di se stessa sui social networks, ma è davvero l’unica a poterlo fare? Una riflessione sull’utilizzo di ciò che si fa con la propria immagine sembra la conclusione obbligata di una testimonianza del genere, ma il problema reale è che ognuno di noi, in un mondo libero come quello in cui viviamo, dovrebbe poter esercitare il diritto di essere l’unico proprietario della propria immagine. Siamo davvero così prigionieri di una società che non solo veicola le nostre scelte, le nostre abitudini e stili di vita ma addirittura ci espropria quando meglio crede di ciò che di più personale abbiamo, la nostra immagine? 

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